The Depth of the Hole: Intertestuality and Tom Waits’s ” Way Down in the Hole “

Abstract

Il tema musicale di apertura per la serie della HBO The Wire è una canzone scritta da Tom Waits intitolata “Way Down in the Hole” (1987). Ogni anno, durante le cinque stagioni della serie, i produttori selezionavano o sollecitavano una versione diversa della canzone. Come una serie, Il filo è spesso interpretato come privo di uno spazio per le rappresentazioni della spiritualità nera. Ognuna delle cinque stagioni presenta complesse caratterizzazioni istituzionali ed esplorazioni della Strada, del Porto, della Legge, della Sala (es., politica), la Scuola, e/o la Carta (cioè, media). Attraverso questi personaggi istituzionali e i singoli personaggi che li abitano, costruiscono e si confrontano, The Wire rappresenta l’America urbana, scritta su tutta la tela dell’identità culturale ed esistenziale. Per tutta la sua complessità istituzionale, The Wire emargina quindi in serie la spiritualità nera a favore del realismo, del naturalismo e alcuni potrebbero obiettare, il nichilismo.1 “Way Down in the Hole” è una narrazione paratestuale che incarna questa emarginazione e crea uno spazio potenziale per gli spettatori (e gli ascoltatori) dello spettacolo, uno che inquadra ogni episodio e l’intera corsa, attraverso contesti musicali neri letterari e spirituali. Le molteplici versioni di “Way Down in the Hole” funzionano in definitiva come un deposito emarginato per le narrazioni letterarie e spirituali che sono collegate alla serie-narrazioni che diventano leggibili tramite analisi intertestuali e a loro volta rendono visibili le entità meno visibili del Filo: La spiritualità nera e la Chiesa nera.2

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